Santorini II, 2000, olio su tela, 190x146 cm
Senaldi: Caro
Athos, quando guardo le tue opere non so proprio cosa pensare. Per prima cosa
mi dico: ma perché sei passato dalla scultura alla pittura? Poi mi ridomando:
ma sarai mai passato dalla scultura alla pittura – oppure hai sempre fatto
pittura, e forse invece oggi fai collage di paesaggi cosmici e di personaggi
dei cartoons ?
Ongaro: Ho
smesso perchè ho esaurito quello che dovevo fare con la scultura e, visto che
il mio lavoro se la vede con morte e rinascita, ne ho approfittato per sperimentare
sia l'una che l'altra. Per spiegarmi meglio, penso che ci troviamo tra la fine
della cultura classica e una nuova visione della realtà. L'inizio risale ai Trovatori
e al Rinascimento italiano, ma allora la fioritura è stata bruciata da una gelata
neoplatonica ed ora procediamo con cautela. La crisi del nostro Paese, lo
sgretolarsi della sua cultura e la disfatta della democrazia sono sintomi della
stessa morte iniziatica attraverso la quale, volontariamente, sono passato come
artista. Dico morte iniziatica perchè prevede una nascita dalla morte. E'
probabile che i "virtuosi" che gongolano davanti al cataclisma che ci
ha investito avranno presto delle sorprese.
Senaldi: Duchamp
nelle sue Note al Grande Vetro dice
da qualche parte che la quarta dimensione esiste; è come “sentire” un oggetto
tridimensionale da tutti i lati contemporaneamente, “come quando si tiene un
coltello in mano”. Ho letto molti commenti a questa nota, ma nessuno mai che
citasse Cézanne quando dice che “bisognerebbe dipingere una mela come se la si
tenesse in mano”. Non è un po’ la stessa cosa? te lo dico sapendo che Cézanne è
tra i tuoi favoriti… che ne pensi?
Ongaro: Mi
sembra la stessa cosa. Penso che Duchamp fosse, almeno in parte, consapevole
che l'arte moderna mira alla ri-conquista di una dimensione situata oltre il tempo
lineare. Forse non aveva capito che quello era il senso del lavoro di Cezanne e
del Vèrlaine di "quando ri-fioriranno le rose di settembre".
A quanto pare la cultura francese si è assunta
questo compito fin dal Rococò! Il nome è demenziale ma la luce danzante nella
pittura di Watteau cattura la più piccola unità di tempo e la rivela come sostanza
erotica, un campo estatico generato da un dipolo femminile e maschile. Watteau è
il preludio al Rinascimento, o forse sarebbe meglio dire pre-rinascimento francese,
nel quale Cezanne ha un ruolo simile a quello di Giotto in quello italiano. In entrambi
l’accento è su una sostanza erotica che Cezanne struttura con vigorosa lucidità
cartesiana ottenendo una estensione dell'attimo di Watteu, il suo attimo
comincia un poco prima e finisce un po' dopo. Con le sue intuizioni su spazio e
sostanza precede e si spinge più lontano delle scoperte di Einstein e della
fisica quantisca. Nei suoi quadri, per la prima volta nella storia dell'arte,
si assiste al fenomeno di una qualità poetica così concentrata da generare una
gravità che modifica lo spazio-tempo. Questo è il senso di quelle che, superficialmente,
sono lette come deformazioni dovute ad imperizia. Val la pena ripeterlo: l'alto
peso specifico della sua poetica causa una dilatazione nella struttura dello
spazio-tempo. E c'è dell'altro perchè nella fase successiva si spinge fino alla
esplorazione del vuoto che, in tempi molto più recenti, la fisica quantistica ha
scandagliato formulando ipotesi affascinanti.
Quanto a Duchamp, lui è tutto testa,
intelligenza feroce ma lirismo zero. E' monocolo, ma l’unico occhio è ai raggi
X e vede in profondità nel tessuto culturale. Un caso clinico? Forse... ma se
lo è la nostra civiltà è un caso clinico, lui non fa che mostrarla nuda come
mamma l’ha fatta. La radiografia è chiara, la diagnosi certa: è un ermafrodito sterile!
Sardonicamente, prova a metterci una pezza con Rrose Sèlavy ma il frutto dell’incesto
(Etànt donnès) è un incubo che invita agli scongiuri. Condivido la sua difesa
del principio di Identità e il potenziamento di un Io problematico e ostinato che
si prepara ad affrontare il monolito del Tempo.
Senaldi: Dicono
che sei un irregolare, un nomade dell’arte, un giramondo… ma non era meglio
accasarsi, mettersi il cuore in pace e far parte di uno dei tanti club
artistici alla moda? Non hai almeno un piccolo rimpianto di una carriera
tranquilla, onorata e prevedibile al seguito di qualche bel carro trainante?
Ongaro: Carri,
carrette e carriole non mi interessano, quanto ai club artistici mi viene in
mente cosa ne pensava Luciano Fabro che li definiva i "cornuti dell'arte
moderna". Confesso di non capire come facciano tanti colleghi a ripetere
la stessa filastrocca per tutta la vita. Deve essere che l'arte è una merce
rara, inversamente proporzionale al numero degli artisti in circolazione. Per
quanto mi riguarda forse tutto dipende dal fatto che non sopporto la noia. In
altri tempi sarei stato un avventuriero, oggi l'avventura che mi affascina è
quella intellettuale che di solito si concilia male con una carriera onorata e
tranquilla. Oltre che irregolare, nomade dell'arte, giramondo, mi hanno dato
dell'aborigeno. Devo dire che questa definizione mi calza a pennello perchè ho
la sensazione che ciò che cerco sia stato con noi fin dall'inizio, ab-origine.
Senaldi: Nelle
tue prime opere eri quasi un minimalista imprevedibile; poi sei passato a una
scultura classica con tanto di marmo bianco statuario; poi sei transitato per
un monumentalismo policromo e magari intarsiato di mosaico; e dopo ancora ti
sei lanciato in grandi quadri a olio su tela… Ma come? Mi rimani pur sempre nel
repertorio classico…. Forse sei un neo-classicista?
Ongaro: Credo
proprio di no anche se l'idea di un aborigeno neo-classico mi diverte molto. Il
mio lavoro se la vede col Contrappunto, nel senso inteso dalla musica barocca,
vale a dire la relazione tra voci armonicamente interdipendenti ma indipendenti
in ritmo e colore. Tra l'altro credo sia questo il modo di fare arte
d'avanguardia oggi, non più micropoetiche ma la loro configurazione in una
nuova complessità. La complessità è alla base del mio lavoro non la sintesi, certamente
non quella tesa ad una idealizzazione che è fondamentale per il modo d'essere
neoclassico. Ma se è agli strumenti che ti riferisci, e il vero problema
dell'arte è il rapporto col Tempo, allora gli strumenti più efficaci rimangono
pittura e scultura. Quelli nuovi, video, films, foto etc. sono a questo riguardo
impotenti perchè ciò che registrano è, inevitabilmente, già passato. A quando
una riflessione sulla differenza tra pittura e immagine?
Senaldi: Certi
personaggi che ci hai fatto vedere, lo scimmiato , la dolce Sara, un Cristo con
tanto di lingua fuori, un poeta contadino che sembra uscito da un pezzo di
cabaret meneghino degli anni ’70 – sono certamente dei simboli, ma di che cosa?
Athos, cosa ci vuoi dire? O forse non vuoi dire niente, sei come un Murillo, un
Pitocchetto dei giorni nostri? Ma allora, per tanto così, non bastava un
iperrealista qualsiasi?
Ongaro: Ma
dai, non sono un Murillo, che pure trovo delizioso, e neppure un Pitocchetto,
tantomeno un iperrealista. Le sculture di cui parli, "Flasher" in
testa, rappresentano degli oltresociali, personaggi sovversivi che una carica
dirompente catapulta fuori del sociale e in quanto tali semmai esemplari, non
simbolici.
Senaldi: Hai
scritto che “… la funzione più intima dell’arte [è] sintonizzare l’Eros
individuale su quello cosmico”… mi dici che cosa significa? Io non sono
convinto che esista un Eros cosmico – e se invece nel cosmo ci attendesse solo
un lunghissimo raffreddore entropico…?
Ongaro: Voglio
dire che la nostra macchina percettiva ha bisogno di essere messa a punto per
stare alla pari con l'accresciuta consapevolezza che abbiamo del Cosmo che è un
qualcosa di vivente, quindi erotico, enormemente più complesso del segmento che
abbiamo colonizzato. A volte mi sono chiesto se per caso non stessi producendo
aspirine per la cura del raffreddore entropico. Minchia, sarebbe una bella
fregatura visto che il suo mercato è in crisi da quando la fisica quantistica ha
messo in dubbio anche l'entropia.
Senaldi: E
l’Arte… – insomma, seriamente, perché la si fa, dove dovrebbe portare? Ho letto
ieri che un manager (il figlio di un ministro, ndr) ha guadagnato in un anno
5,5 milioni di euro – se fai il calcolo sono circa 15mila euro al giorno,
domeniche incluse – non è che abbiamo sbagliato qualcosa? Non aveva ragione
Dalì a dire che il denaro, anzi l’oro, era davvero il segreto alchemico anche
dell’arte?
Ongaro: Anche
se dietro le dichiarazioni di alcune superstars anglosassoni si intravede un
elettroencefalogramma piatto, ha sparato piu cazzate Dalì che Warhol, Koons e
Hirst messi assieme! La risposta è: alla conquista del Tempo, chiamata anche
conquista del Sacro e per questo da noi laici frettolosamente rifiutata. Ma al problema
del Tempo non si sfugge. Ad esso dobbiamo una crisi ricorrente originata dalla
sua scomposizione in Essere e Divenire e, tra l'altro, la disputa fra il
desiderio di assoluto degli iconoclasti e la difesa della complessità degli
iconofili. Se qualcuno pensa che queste crisi appartengano al passato si
sbaglia perchè, guarda caso, siamo nel bel mezzo di una, diversa solo perchè
gli iconoclasti usano la maschera del denaro per annullare le identità in un
assoluto energetico. Siamo sicuri che il denaro sia una qualità morale? E,
visto che da Duchamp in poi la decisione su cosa sia l'arte sembra, almeno in
parte, essere nelle nostre mani, siamo certi che sia questa l'arte che
vogliamo?
E a proposito di quattrini bisogna dire che siamo stati dei
coglioni a menarcela con le chitarrine e "sex & drugs and rock'n'roll"
mentre i "trentamila dominanti" delle varie City, con la complicità
del sistema politico e dei Media si impadronivano del pianeta devastandolo e
riducendoci al ruolo di servi della gleba.