Monday 16 December 2013

CUORE D’ASINO


L’asino, animale primordiale, ha conservato una lucidità che gli permette di vedere la Vita senza trucco, per questo è punito severamente, infatti è l’animale più bastonato anche se il meno condizionato. Il povero Nietzsche non aveva istinto metafisico, figu­riamoci che ha baciato un cavallo, animale che per nobiltà e sensibilità è destinato ad una fine precoce. Un asino avrebbe dovuto baciare, è lui che tiene alta la bandiera dell’umanità! Si dice che l’asino diventi uomo dopo un lungo soffrire e che la tras­formazione avvenga mangiando delle rose. Ne ho mangiate a quintali, niente trasfigurazione, quando ho ragliato di delusione la mignotta me n’ha date più di prima. Ma l’asino ha la pelle dura, Pelle dura buona tambura pen­savano gli sciamani che usavano solo pelle d’asino, morto naturalmente, per i loro tamburi magici. Figuratevi, se il tamburo si mettesse a ra­gliare quella ci resterebbe secca, pensa d’averlo fatto fuori e si mette a ragliare il tamburo! La rivincita dell’asino ragliare da morto!



Santorini è un’isola fantastica, Lei qui si è esibita al meglio polve­rizzando una splendida civiltà e producendo un sacco d’asini. Dietro casa mia ce ne sono due, uno raglia a tutte l’ore l’altro, un asino mistico, al sorgere del sole. Mi dicono che prima d’abbuffarsi di rose ci vorrebbe qualche bagnetto notturno in mare per purificarsi. Deve essere per questo che non mi sono trasfigurato, ho dimenticato le abluzioni. A proposito di mare, bisogna che vi racconti questa.
Dunque, quel giorno passeggiavo in riva al mare nel Golfo Persico, magari mi sarei anche fatto una nuotatina per rinfrescarmi quando ti vedo un pesce uscire dall’acqua e mettersi a camminare. Un pescione tipo cernia, sui cinquanta chili, forse di più, mai vista una cosa del genere. Però un pesce sotto quel sole, ho pensato che gli avrebbe seccato le squame e volevo dirglielo ma quando mi avvicino vedo che una testa d’uomo gli sta crescendo sotto quella di pesce. Madonna mia, rimango inpietrito!

Quello intanto andava come una scheggia. Mai visto un pesce correre a quel modo, era già arrivato al villaggio. Quando c’arrivo io, era lì che faceva il ganzo in mezzo alla gente – Sono Uan, tre magi in uno, vi ho portato tre doni lo Stato, la Scrittura, l’Agricoltura. –

Allora ho capito, l’aveva mandato Lei, quella sgualdrina. Ho cominciato a ragliare che glieli ficcassero in culo i suoi doni, ma quelli figurati – Uh, uh che bello lo Stato, la Scrittura, l’Agricoltura, grazie Uan grazie sei il nostro Apkallu. – Che nella loro lingua vuol dire maestro, benefattore e io a ragliare – Fregnoni, cacciatelo via, questo ci vuole fottere. – Niente da fare e per di più m‘hanno fatto nero di botte.

Ma tu pensa la perfidia della bagascia! Mica l’ha mandato da quelli un po’ più furbi, che so, tra gli Egei ad esempio, quelli il suo Uan l’avrebbero fatto a pezzi e messo nel cacciucco, ma neanche che gli si guastava tutto, l’avrebbero rispedito in mare a calci in culo il pesce schifoso. Noo, lei l’ha mandato dai Sumeri che anche dal nome si capisce che erano mica tanto svegli. Deficenti, teste di cazzo altro che Teste Nere!

A dirla tutta il pesce dall’Egeo c’era passato ed era successo proprio come pensavo. L’ha incontrato un mio amico che gliel’ha detto subito:

– Senta pesce, si levi dai coglioni, se ne torni nell’Oceano e non si faccia più vedere . Noi si sta bene così, la terra produce di tutto quasi da sola , perfino l’oppio, giusto per una tisana, ogni tanto il ciceone e noi siamo sempre al mare. Vada, vada che è meglio. –

Lui l’Apkallu, il benefattore, sì Uan il pesce fetentissimo è corso a lamen­tarsi dalla Montessori – Hanno rifiutato i miei doni, m’hanno cacciato. – Figurati quella, è diventata una furia, sbavava – Ah cani, inpuniti, non volete crescere, non volete progredire. Ve lo do io l’Eden selvaggi degenerati. – Pin! Pun! Pan! Eruzione, terremoto, maremoto. Un inferno, tutto distrutto anche l’isola. Quando ci siamo rinvenuti s’era diventati tutti asini, sarà stato il fumo?

Io comunque gliel’ho giurata alla Montessori. Faccio finta di niente, raglio anche poco così l’infame pensa che m’ha domato e quando m’arriva a tiro le scarico una coppiola che la fracasso, sciancata deve restare. Voglio vedere come fa con la danza dei sette veli s’è zoppa, con quella mi fregava e con quella del ventre, sempre m’ha fregato, mica con la carota. Poi me ne vado, cambio aria, tanto qui è tutto finito. Via, via, ma non in India nooo, lì d’asini in giro se ne vede pochi, è capace che li mangiano e poi quella Kali mi ricorda troppo la Pedagoga, col cazzo che ci vado. A Cuba vado, sissignore nei tropici, lì scopano anche gli asini. Banane, manghi, papaie, io vado matto per la papaia altro che carote. Siii altra musica, altra vita, altr.......... oddio nooo si ricomincia da capo!

Visto che roba? Quasi mi frega, non ci si può distrarre un momento. No, no da capo ’un ricomincio n’ho avuto assai della materia formata, anzi è proprio il caso di dare il via al mio piano. Uno sciopero, ma di quelli radicali, mica come i sindacati che scioperano per l’ovo di Pasqua. Eh no, il mio affronta il problema alla radice, vedrai la zoccola come si spaventa, uno sciopero contro la Vita! Intanto, come misura preliminare, sospendere ogni attività artistica, niente arte di nessun genere, zero assoluto. Un bel periodo di vuoto, niente ornamenti addosso alla laida che tutti la vedano al naturale. Oddio, ci vuole stomaco, meglio guardarla di sguincio, un’occhiata strabica per non restarci secchi. Ed ecco svelato l’enigma della Gorgone: la vita è l’orrida Medusa che ci pietrifica in ciò che pensiamo lei sia!

Per Nietzsche è un mistero che i Greci abbiano detto sì alla vita, ma basta un’occhiata ai guerrieri di Riace per capire che quelli non erano uomini, belve erano e pos­seduti dalla stessa ferocia è comprensibile che abbiano accettato la sfida. Ciò che chiamiamo classico ci viene dall’aver guardato in faccia la Vita, il neoclassico si rifà alla cultura che ne è il prodotto. Come se uno andasse alla guerra e l’altro al cine a vedere il film di quella guerra. La Signora poi è un tale cesso che se la vedi per riprenderti ci voglion millenni e questo spiega il ritmo delle culture.


Ma tornando a noi, se l’azzeramento dell’arte non bastasse si passa alla fase due: ci si ritira nel bardo thötröl, sì tutti, cani, gatti, asini, umani, anche gli ortaggi, pomodori compresi, tutti allo stato gassoso. Ma che gassoso... neutroni, protoni, puro etere, affanculo la bagascia, io voglio essere un quasar. Non più sangue, malattie, nascita, morte, endorfine ed ormoni per muoverci come marionette, randellate a tutte l’ore, oh certo a fini educativi, ma cara la mia Signora posso dirle che i suoi metodi fanno cagare e le sue malefatte infinite? Un esempio a caso, gli Aborigeni australiani. Un popolo di metafisici, vagabondi ed artisti che venivano dal Tempo di Sogno e... ci ha pensato Lei a svegliarli! Tramite la sua alter ego, la famigerata regina Vittoria, ti spedisce le peggio canaglie d’Inghilterra dritti, dritti lì a far piazza pulita. A pezzi l’hanno fatti, tanto quel gran cranio di Darwin garantiva che secondo le leggi della scala evolutiva, quelli più che umani erano scimmie, che li facessero pure a pezzi per sfamare i cani, tanto le scimmie sono senz’anima. E gl’Indiani, come la mettiamo con gl’Indiani d’America? Beh vi racconto questa: ero a NewYork, c’ero andato perchè gli asini lì si sentono a casa propria. Qualcuno tirava anche sù mica male, io rimediavo le solite legnate, mi chiama l’Aldina, una gallerista, asini e galleristi appartenendo alla stessa famiglia si frequentano.

Atmos – mi fa – hai voglia d’andare in campagna ’sto fine settimana?

Io no che non n’avevo voglia, mai, perchè la campagna mi deprime e l’Aldina è una pallina da flipper che schizza da tutte le parti, non si cheta mai, ma insomma un po’ di pubbliche relazioni...

Va be’ – dico – andiamo. –

Si parte il pomeriggio, un paio d’ore in macchina poi tra preparare la cena e i vari caminetti viene l’ora d’andare a letto, sia ringraziato l’Altissimo. Ma il bello vien la mattina perchè l’Aldina si alza presto e dopo un’oretta di yoga non sapeva che fare e mi porta a vedere il museo degli Shaker. Questi Shaker erano una setta cristiana che veniva dal nord Europa, vive­vano in comunità e non scopavano mai, niente vita sessuale, zero, erano fatti così. Ma, essendo spirituali, ogni tanto si riunivano nel salotto di casa e cominciavano a tremare finchè gli venivano le convulsioni e rotolavano a terra in preda all’estasi. Sono conosciuti, oltre che per la stravagante spiritualità, per i mobili ed attrezzi da lavoro che costruivano, esposti in quel museo.

Come s’entra mi prende n’accidente. Gli è che ’sti mobili ed attrezzi vari emanavano un che di gelido, di spettrale, ben fatti, anche eleganti se vogliamo, ma algidi, come fossero non di legno ma di nervi nudi tirati allo spasimo, isteria solidificata e fatta oggetto. Tutto l’ambiente era raggelante e per di più comincio a sentire degli spifferi come di presenze incorporee, manco arrivo in fondo alla prima sala che ero già in un bagno di sudore.


Vai avanti tu, io ti aspetto fuori – dico all’Aldina. – Fai pure con calma.
 
Esco ma non mi sento meglio perchè anche fuori la musica era la stessa: alberi, prato, edifici, tutto era come se fosse radioattivo, contaminato in maniera invisibile ma certa da un qualcosa che mi dava un senso di oppressione tremendo, bisognava andarsene. Neppure la proposta d’Aldina, uscita nel frattempo da quell’obitorio, che ci mangiassimo una crostatina di mirtilli fatta secondo la ricetta Shaker, dio ce ne scampi, è riuscita a fermarmi.



Ora voi penserete che io sia contrario all’estasi, ma figuriamoci! Mi definirei un aficionados dell’estasi, un cercatore infa­ticabile del nirvana e del satori. Se n’è accorto anche Saganawa che essendo giap se ne intende, difatti me l’ha detto – Atmos, tanti anni io te conosciuto, tu sempre voler essere santo. –

Ho anche cercato di portare l’estasi nella vita, di satorizzare tutto per svelarne il senso, è la mancanza di senso che uccide gli asini. Volevo farlo con l’arte, ma la Vita odia l’arte che sopravvive a stento grazie alla malavita. Ma sì la Vita odia l’arte, forse perchè non s’è resa conto che l’arte moderna gioca a tutto campo. Con Duchamp diventa socratica, dilettandosi nella frequentazione dei cessi, con Piero Manzoni poi, entra a gonfie vele nel mare delle stronzate. È un’arte sovversiva che sconvolge i valori occidentali, a Marcel gli hanno dato la medaglia di Lenin e anche a Picasso, allo scagazzatore no ma, si sa, alcuni geni sono inconpresi. Capite la ganzata? Nella vita è andato tutto in vacca, ma nella cultura, nell’arte, miiinchia... lì si comanda noi e gli disintegriamo l’ontologia a ’ste merde con l’ego inflazionato. Li miniamo dal di dentro così vanno in frantumi. Già.... ci s’aspettava che schiattassero come rane i Filistei. Macchè, non hanno battuto ciglio, niente ma niente, manco un rafreddore gli è preso a ’sti fetenti. Il Filisteo se ne fotte dell’ontologia, lui campa meglio senza. Ma tornando ai Pellerossa, beh lo sappiamo com’è andata: sterminati come i loro cugini dell’altro emisfero. Concime ne abbiamo fatto e già che ci s’era abbiamo fatto scempio di tutto, tutto, bisonti compresi, e per favore non meniamola con l’anima che se ce l’hanno gli asini ce l’hanno tutti.Vi risparmio il resto del capitolo, ma gli spensierati figli dell’Oceano, i popoli delle isole felici, no.

Beh quelli se la sono cercata, ma vi pare? Noi a lavorare come negri per il progresso e loro, quei rottinculo, tutto il giorno fuori in piroga, la sera attorno al fuoco a ballare la hula con certe fighe... Pesce fresco, clima perfetto. Eh no, non poteva durare e difatti, zàcchete sono arrivati i missionari che hanno fatto presto a metterli in riga ’sti lavativi. Finita la pacchia, finita per sempre.

C’è rimasto Marlon Brando a godersela da quelle parti ma quello si capiva fin da giovane ch’era un paraculo! Il Marlon sa vivere, mica i Boscimani. Ah, lo sapete che i Boscimani nascevano e morivano a cazzo ritto? Sissignore, a cazzo ritto. Ora io posso anche capire che uno ci nasca, poveretto ‘un sa icchè l’aspetta, ma morire con l’uccello incannato mi sembra un prodigio, ma ora gli s’arrizzano solo i capelli vista la fine che stanno facendo. 

Con ‘sti precedenti il nostro karma deve essere una schifezza, forse si può rimediare solo con l’amicizia che è anche meglio dell’amore perchè con gli amici puoi fare di tutto e se a volte ci sono degli inconvenienti ne vale la pena. Parlo con cognizione di causa perchè ho un amico che mi fa prendere un sacco di legnate, lui fà il ganzo e la fetente si rifà con me. Quest’amico però ha delle belle pensate, sì, sì è una testa filosofica, sentite questa:
 
I Greci hanno inventato la democrazia come forma sociale della com­plessità. Quest’idea si sta facendo strada nel pensiero contemporaneo grazie anche alla relatività e permetterebbe la transizione da un sistema semplice ad uno più complesso, basato sul percepire la realtà come formata da singolarità dotate di tempo e leggi fisiche particolari dialoganti fra loro. Ogni pretesa superiorità, quindi, sarebbe non solo infondata ma incompatibile con un sistema che necessita di singolarità lontane e fra di loro esotiche per pro­durre una realtà variegata e profonda. Sembra anche che un sistema com­plesso riduca l’entropia organizzandola. Come dire creare dal caos. –

L’idea è buona e potrebbe fruttare qualcosa. Sopratutto ora che le demo­crazie hanno il fiato corto e secondo alcuni siamo solo un branco di maiali che s’ingozzano e smerdacchiano il pianeta, ’ste demo­crazie dicevo, potrebbero rifarsi una verginità, vuoi mettere se si presentano in TV e annunciano – Noi siamo la forma sociale della complessità. – Sai che felicità per gli appartenenti a detta forma sociale. Miiinchia... non maiali al sole nooo... siamo la forma più avanzata di aggregazione umana e da noi emergono le singolarità, specie ora che il rock c’ha liberato. Ragion per cui, se abbiamo ster­minato un po’ di selvaggi è stato per creare un sistema portentoso e, si sa, la democrazia ha il suo prezzo.

A dir la verità io qualche dubbio ce l’ho, non sulla democrazia no, quella è sacra e gli asini sono per natura democratici, ma se i Greci erano delle teste tanto fini perchè non l’hanno applicata. Questo il cervellone non l’ha spiegato, ma per la testa più mi sa che c’abbia la fi’a più che la filosofia.

Come fa il cranio metafisico – chiederete - a pensare ’ste cose?

La domanda è pertinente. Il fatto è che lui... io... insomma noi siamo un centauro, ovverosia mezzo uomo e metà somaro, di conseguenza, dicono, depositarii della sapienza antica. Con lui non ci s’annoia di certo, l’altro giorno, ad esempio, s’era messo in testa di scrivere al presidente della repubblica per fargli modificare l’articolo uno della Costituzione che recita: L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Secondo lui bisognerebbe sostituirlo con: L’Italia è una repubblica fondata sull’arte.


Eh sì ... bonanotte! Lo è stata, tant’è che la si diceva protetta da Dioniso, ma c’è stato un passaggio di consegne ed ora se ne occupa S.Gennaro che se la vede con l’arte, ma della commedia. Al presidente gli verrebbero le convulsioni come agli Shaker e quando si riprende firma per il ricovero coatto, altro che cambiare l’articolo uno.

Ma sarà meglio che vi parli del bardo thötröl, magari non tutti lo conoscono e non vorrei essere frainteso, già una volta una critica sumera m’ha definito reazionario, forse perchè m’appassiona l’Uomo non le formule astratte. Altri fanno il contrario e sono tipi del genere che ci perseguitano, a partire dal Famoso Pirla e il di lui maestro Socrate, prototipi dei filantropi per i quali siamo unità statistiche atte alla costruzione dello Stato ideale, ovvero la stronzata ideologica di turno. Ed eccoci qui rincretiniti, infiocchettati, tenuti bassi da propaganda e psicofarmaci e per questo ci siamo giocati la nostra libertà paleolitica? Ma sì Darwin, siamo più evoluti degli Indiani delle praterie, più felici degli Aborigeni e se non nasciamo a fava ritta chissenefrega, tanto per noi la vera scopata è mettere il cazzo nel cervello altrui.

Mi sa però che stavolta ci siamo impantanati e forse solo l’arte può tirarci fuori, per questo va difesa, specie se si mette in trappola da sola. Vedi il pasticcio che t’ha combinato Duchamp. Lui c’aveva la vocazione e fin qui niente di male, anche a Socrate la sua voce interiore s’era raccomandata che si desse alla musica. Ma quale musica, all’ippica doveva darsi invece di fa’l bischero con l’oracolo, ’sto deficente. Ma non divaghiamo, il Marcel era attratto dall’arte ma dal mestiere no, niente da fare, quello era un’inutile costrizione e poi l’odor di trementina lo faceva dar di matto. Vuoi mettere la libertà dell’intelletto che manipola le cose già presenti nel mondo? Oh non l’ha detto anche Leonardo che la pittura è cosa mentale e la scultura vuoi che sia da meno? E allora giù un paio di baffetti alla Gioconda, con quel nome se li merita, poi trasforma un pisciatoio in fontana. Tutta una serie di gesti beffardi, che per funzionare però, vanno esibiti nei luoghi canonici dell’arte, perchè se un cesso lo chiami cesso e lo lasci dov’è non succede niente. In gallerie e musei doveva metterli i suoi ready made così che, consacrati dalle istituzioni, fossero miracolosamente transustanziati.

Quello di sopra, inferocito, scalpita per dire la sua:

Secondo Heidegger l’arte instaura il luogo ma a partire da Duchamp il luogo instaura l’arte. Subordinare la poetica ad una istituzione non è un affare per la libertà. L’uomo, infatti, è un progetto vivente che si autodefinisce e l’arte il DNA di questo progetto. Permettere che lo Stato determini cosa è arte significa colpire al cuore l’uomo, minarne l’asse portante, quel modo originale di accesso al mistero senza il quale non siamo che automi. Non a caso Duchamp è caro alle istituzioni, grazie al duchampismo infatti, inizia quel processo che mira a fare dell’arte una funzione dello Stato. Neppure la Chiesa era arrivata a tanto, il cristianesimo infatti, ha rispettato nell’arte la volontà dell’uomo occidentale di fon­darsi e progettarsi attraverso un’ontologia per figure. Per noi più nell’incanto figurale che nel Verbo affondano le radici della realtà e il mistero è con­tenuto nella sua evidenza. Questo ci differenzia da altre culture, partendo da questo possiamo divenire ciò che siamo. – Amen!

Ma torniamo al bardo thötröl che vuol dire spazio fra due esistenze, è un posto fatto di luce scoperto dai tibetani. Ci s’arriva dopo morti ed essendo fuori dalla giurisdizione della fetente è naturale che quando sei lì giuri di non muoverti. Ma bisogna fare attenzione perchè la fregatura è in agguato infatti, mentre sei lì che te la godi, magari guardi giù verso la Terra e vedi due che scopano. Può succedere un casino perchè ci sta che t’innamori di uno dei due, in tal caso vieni ricatapultato nell’esistenza. Proprio così, non te ne rendi conto e ti ritrovi incapsulato nell’ovo fecondato, maschio se ti garbava lei, femmina se ti sei presa una cotta per l’uomo.


I gays sono un po’ trascurati ma si vede che a quell’altezze ’un ci fanno. Comunque chiudo qui, magari i tibetani sono suscettibili e addentro in tutte le forme di magia è capace che mi lanciano una maledizione himalayana. Meglio lasciar perdere e concentrarsi piuttosto su Santorini dove la zoccola travestita da cuoca sta tentando di assassinarmi. La nefandezza dei cibi non lascia dubbi sull’intenzione omicida, lo stomaco oltretutto è la mia parte debole, quella forte ve la dirò un’altra volta. A pranzo m’arrangio, ma la sera la desolazione dell’isola mi spinge a cercare compagnia nell’antro della Circe. Per ora resisto a prezzo d’incubi notturni, ma la vedo brutta. Perchè tanta malvagità contro chi la difende, la Vita odierebbe dunque sè stessa? Ma allora è matta, matta da legare, fatele una magnum di Valium, che si dia una calmata. (una doppia alla cuoca)

Chi pensasse di trovare a Santorini un rifugio per la brutta stagione se lo scordi, ’sti posti d’inverno son tremendi. Ma ora l’isola sta uscendo dalla furia dei venti, sì è primavera ed io vorrei giacere in un prato col testone fra due tette fragranti e scordare i rigori dell’inverno e della vita. A stormi come le rondini, fanciulle in fiore sciamano cinguettando per l’isola, chissà perchè Santorini è frequentata principalmente da giovani donne. Certo l’isola merita il nome con cui veniva chiamata, Kallisti, bellissima. Bisognerebbe saperne di più sulla civiltà Egea emersa dall’incontro d’Asia, Africa ed Europa, freschissima ed a misura d’uomo. Erano dei bei tipi ‘sti Egei, per loro fondamentali erano le visioni, tant’è che, quando le cose andarono male perchè la Pedagoga la menava e le visioni non venivano più, cominciarono a darci dentro con l’oppio e allora le visioni venivano, oh se venivano!

Quello di sopra ne ha pensata un’altra, ora vorrebbe incontrare il presidente U.S.A. per convincerlo, ammorbidendolo con qualche canna, ad innestare la potenza propulsiva americana alla visione del mondo egea. Gli ho detto che trovo l’idea fantastica e al presidente un po’ di fumo non farà male, anzi; ma visto che devo purificarmi, meglio rimandare a dopo l’estate. M’è sembrato convinto, con tutte ’ste ragazze a giro è un po’ distratto, così fino all’autunno si può star tranquilli ma poi mi vedo i titoli sui giornali:

"LA CIA ARRESTA UN CENTAURO". 

Lui con Santorini ha un feeling particolare, ma la prima volta che c’è capitato neppure voleva scendere dal traghetto, c’era troppa gente, voleva tornarci d’inverno, così sì che avrebbe capito gli Egei. E’ andata che abbiamo affittato una casetta a Perissa ch’è simpatica, senza pretese. S’è anche comprato un kajak per girovagare nelle Cicladi. Per un po’ ce la siamo goduta, l’isola, le ragazze, il kajak andava a tutto spiano. Ottobre è stato una pacchia, anche novembre è cominciato bene ma verso la metà del mese le ragazze sono calate, addirittura sparite nel giro di pochi giorni, rimpiazzate da un vento freddo e teso che aumentava d’inten­sità. Niente mare, ragazze, tutto finito.

I col­legamenti interrotti, non un’anima nel paese, unica consolazione il vino di Santorini, un po’ poco per lui che smadon­nando prendeva a calci il kajak. I primi di dicembre, approfittando d’una tregua nella tempesta di vento lasciamo l’isola. La comprensione degli Egei è rimandata ma prende corpo l’ipotesi che i suddetti abitassero Santorini d’estate ma svernassero altrove.

Abbiamo seguito il loro esempio ed eccoci di ritorno per il solito round di purificaziona marina, sarà la volta buona che di due diventiamo uno? Stavolta voglio provare con la meditazione sul raglio. Per chi fosse interessato ecco alcune informazioni. Avete presente le trombe suonate dagli angeli ? I Cristiani le hanno ereditate dagli Etruschi e l’ascol­tatore attento noterà che il loro suono lacerante imita il raglio dell’asino. E qui svelo un’altro enigma: l’asino, animale filosofico, comunica la saggezza col suo raglio che può essere diviso in tre parti: la prima, una polifonia orgasmica, tratta dell’origine della vita. La seconda, singulti e risa amare descrive la consapevolezza e la terza... la terza... oh cosa mirabile, è l’apoteosi... l’ineffabile: hi-ho, hi-ho, hi-ho!

Ma non sarà narcisistico meditare sul proprio raglio? E ancora, s’esso è saggezza in forma sonora perchè, pur ragliando, io non son saggio? Forse che il raglio risveglia solo chi l’ascolta? Visto che quest’anno sono occupato con la bici, giro questi dubbi a quello di sopra. E così, pedalando e meditando l’estate è passata, in fretta ma non invano. Niente individuazione, è vero, ma pochi mesi tra gli Elleni hanno guarito quello di sopra dal grecismo, malattia diagnosticata incurabile. Su Santorini poco da aggiungere, la bellezza dell’isola è pari all’infamia del suo clima che d’estate è più infernale che mai e il Meltemi, che dovrebbe portare refrigerio, non si fa più vedere. Addio Santorini, addio, non più incubi notturni, non più Retzina, affanculo la Circe che, per ora, non è riuscita a trasformarmi in suino. Aria, aria, un viaggetto in mare, solo là fuori respiro. Siii è la ricerca di libertà che tiene in vita gli asini.. Quello di sopra fa sapere che resterà in mare finchè non gli vengono gli occhi azzurri. Neri glieli faccio se non la smette di scocciare con ‘ste manfrine.

Quanto a Lei: se imperativi d’ordine metafisico le vietano di seguire il consiglio del Nazareno - gettarsi in mare con macina da mulino al collo -ascolti almeno quello d’un asino che l’ha tanto amata:

Si curi Signora, lei è malata!

Athos Ongaro, Gennaio 2003   

Tuesday 5 November 2013

APPARIZIONE DELLO STOCAFISSO

Apparizione dello stocafisso, olio su tela, 230x200 cm

26 ottobre - 1 dicembre 2013

BLUE CORNER Ricci arte contemporanea


Via Ioris Giorgi angolo Piazza Alberica - Carrara Ms

info +39 3384417145 nicolaricci1@virgilio.it

Somewhere by the sea, olio su tela, 230x200 cm

Prima mostra personale dell' artista Athos Ongaro a Carrara dal titolo Apparizione dello stocafisso. Dopo la collettivita al CAP Centro Arti Plastiche con Nicola Carrino e Antonio Trotta Fioriture asimmetriche, Athos Ongaro presenta al BLUE CORNER lo spazio per l'artecontemporanea in piazza Alberica1, una serie di tele di grandi dimensioni che andranno ad occupare le tre suggestive stanze a piano terra di Palazzo Pisani nel centro storico della citta. 

A stormy day, olio su tela, 195x130 cm

Possiamo dire che la poetica di Ongaro si dispone lungo due assi espressivi e ideologici: da un lato la dissoluzione di ogni identificazione convenzionale di modo, maniera o stile; dall'altro la redistribuzione del materiale così ottenuto su un piano di sostanziale concomitanza. Quello che per Deleuze e Guattari era il celebre concetto di planomeno, ossia il piano di consistenza ontologica in cui far giocare le variabili culturali, è per Ongaro uno spazio lontano dalle dinamiche note, dove i frammenti delle culture umane più svariate: fumetti, personaggi da fiaba o da mito, protagonisti dell'arte come Cezanne e Duchamp, rivelano il loro significato nascosto. Quello che resta interessante è la rinnovata contestualizzazione di affetti e pulsioni umane in una dimensione cosmica, una specie di psicoanalisi a rovescio dove l'inconscio è "la fuori". Per questo, secondo Ongaro si tratta di sintonizzare l'Eros individuale su quello cosmico; la funzione del mito di ieri è assunta oggi dall'arte di Ongaro.
Marco Senaldi 

Big Sur, olio su tela, 80x60 cm

Mostre principali: XLI Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma, Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci Prato, Castello di Volpaia Siena, Royal Albert Memorial Museum Exeter, Summit Art Center New Jersey, Galleria Civica Modena, Sperone Westwater New York, Annina Nosei Gallery New York, L'Attico Roma, Galleria La Bertesca Milano/Dusseldorf, Galleria Carini Firenze. 

Enigma, olio su tela, 80x60 cm